Legittimo il diniego della cittadinanza allo straniero residente in Italia che non si è integrato nella comunità nazionale
Può essere legittimamente negata la cittadinanza ad un immigrato regolarmente residente in Italia da più di dieci anni qualora l’Amministrazione ritenga comunque non perfezionata l’integrazione dello straniero nella comunità con il rischio di eventuali futuri inconvenienti.
Infatti, ha argomentato il Tar del Lazio, Sezione II quater con la sentenza n. 11771 del 26 novembre 2009, sulle richieste di cittadinanza l’Amministrazione gode di un ampio margine di discrezionalità.
Il Tribunale ha condiviso le ragioni che hanno indotto il Ministero dell’interno a negare la cittadinanza ad un marocchino residente da anni in Italia perché, questa la motivazione, l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è legittimo allorquando l’Amministrazione ritenga che quest’ultimo possieda ogni requisito atto al suo inserimento in modo duraturo nella comunità. La valutazione, basata sulla documentazione istruttoria correlata alla procedura, viene necessariamente ad ancorarsi ad un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa in futuro creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilevanza penale. In tale contesto risulta fondamentale l’accertamento della affidabilità del soggetto richiedente sotto il profilo dell’ordine pubblico, tenuto conto sia del suo comportamento penalmente rilevante, sia del profilo di convivenza civile e sia della congruità del reddito.
Infatti, si legge nel principio affermato in sentenza, il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana allo straniero che sia legalmente residente in Italia da oltre dieci anni, ai sensi dell'art. 9 comma 1 lett. f), l. 5 febbraio 1992 n. 91, è atto ampiamente discrezionale, in ordine al cui rilascio si possono ravvisare aspettative giuridicamente tutelate, ma non certo diritti soggettivi. L’Amministrazione, dopo aver accertato l’esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, deve effettuare una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale, ivi compresi quelli di solidarietà economica e sociale. Ne consegue che l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è legittimo allorquando l’amministrazione ritenga che quest’ultimo possieda ogni requisito atto a d inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale.