Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 23 febbraio 2012 sul ricorso n.27765/09 di Hirsi Jamaa e altri c. Italia
La Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, all'art.33, sancisce il principio di non-refoulement, ossia sul "divieto di respingimento" prevedendo che "Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche".Il divieto di respingimento è applicabile a ogni forma di trasferimento forzato, compresi deportazione, espulsione, estradizione, trasferimento informale e non ammissione alla frontiera. È possibile derogare a tale principio solo nel caso in cui, sulla base di seri motivi, un rifugiato venga considerato un pericolo per la sicurezza del Paese in cui risiede o una minaccia per la collettività.
Con la sentenza del 23 febbraio 2012 sul caso "Hirsi Jamaa e altri contro Italia" la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nel decidere il ricorso presentato da ventiquatro cittadini eritrei e somali, molti dei quali titolari di status di rifugiato, ha approfondito alcuni aspetti di tale problematica di diritto internazionale. La Corte ha constatato, tra l'altro, che il trasferimento dei ricorrenti li ha esposti al rischio di subire maltrattamenti in Libia e di essere arbitrariamente rimpatriati verso la Somalia e l'Eritrea. Rispetto alle circostanze della causa, la Corte ritiene che spetti al governo italiano intraprendere tutte le attività possibili per ottenere dalle autorità libiche l'assicurazione che i ricorrenti non saranno né sottoposti a trattamenti contrari all'articolo 3 della Convenzione né rimpatriati arbitrariamente.